Ho sempre pensato che i materiali della tradizione costruttiva sono sempre un documento prezioso di storie e di culture e sono da conservare sempre . Anche gli intonaci, le malte delle stilature, le finiture a marmorino e gli scialbi, purtroppo ancora giudicati “poveri” e quindi sacrificati in nome di nuovi materiali plastici o cementizi, sono elementi preziosi del nostro passato e della nostra memoria. Li dove possibile questi “documenti” vanno conservati e consolidati, dove invece sono scomparsi o dove il degrado ha superato la soglia dell’accettabilità vanno molto spesso rifatti per garantire una vita più lunga all’edificio e sui modi e sulle tecniche del rifacimento bisogna essere molto chiari e precisi. Se riconosciamo che gli edifici storici sono come gli individui che si caratterizzano per specificità e singolarità e che ognuno è diverso da quello attiguo per l’autenticità e la storia che lo caratterizza allora è necessario che le tecniche, i materiali siano studiati di volta in volta per adattarsi perfettamente a quel contesto e a quell’equilibrio materico e cromatico. Ciò lo ritengo necessario non per un problema di “ripristino analogico” che è oggi posizione superata e culturalmente arretrata ma per integrarsi con la materia antica, per il comportamento fisico-chimico e per la compatibilità elastica e della traspirazione.
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