Il progetto di restauro non sempre consente, forse per fortuna, di prevedere compiutamente tutto quello che avverrà nelle successive fasi esecutive.
L’imponderabile sviluppo dei ritrovamenti che via via si fanno in cantiere e lo stupore e le riflessioni che ne derivano, si intrecciano continuamente e rimettono a volte in discussione l’approccio al progetto iniziale.
Personalmente non ho mai disprezzato questi “contrattempi”, che finiscono invece spesso per trasformarsi in preziose indicazioni, direttamente suggerite dall’oggetto stesso del restauro.
Sotto i detriti e la polvere delle superfici, sotto i rimaneggiamenti maldestri, ma anche dietro alla disattenzione e agli effetti dell’incuria, adagio adagio si scopre l’”anima”, e spesso anche diverse anime, del fabbricato storico con cui ci stiamo confrontando.
E’ questo il momento in cui nasce e cresce un buon progetto, in un susseguirsi rinnovato e attento di indagini, riflessioni e approfondimenti, a volte anche coraggiose revisioni degli obiettivi iniziali; e da questo momento ci accompagnerà la costante preoccupazione di evitare il rischio di distruggere irreparabilmente tutte le originalità o, ancora, di non riconoscerle.
La sensibilità professionale a disposizione ci aiuterà a riconoscere e interpretare il sottile e prezioso filo rosso costituito da quegli elementi invariati che non possono andare perduti.
Inizia così un’articolata e avvincente esperienza, vissuta assieme alla committenza, durante la quale prende per tutti forma un itinerario e una suggestiva pratica culturale, capace di sviluppare e ampliare continuamente la sensibilità e la percettibilità verso il patrimonio storico e artistico.
Quando si sale sui ponteggi di un cantiere di restauro è un po’ come aprire una porta magica, entrare in un’altra dimensione, ricca di continue emozioni, dove si stabilisce un rapporto diretto, tattile, con i materiali e le forme; tutto è percepito come attraverso una lente di ingrandimento: si ingigantisce la percezione fisica di ogni segno, ogni variante di colore, ogni forma…
La continua pratica dell’indagine e dell’osservazione arricchisce e carica il progetto (ovvero l’intervento di restauro) di un inevitabile potere di trasformazione dei luoghi e dei materiali.
Il progetto, e il successivo intervento di restauro, dovranno rendere tangibile la natura di questi luoghi e di questi materiali, lungo un cammino in uno spazio non conosciuto, un percorso di attenta lettura alla ricerca dell’orientamento del progetto, in ciò che il tempo e precedenti interventi hanno occultato.
Nel Maestro Naldo Busato e nelle maestranze della MGN ho trovato, da trent’anni a questa parte, una importante e concreta collaborazione sul campo.
Per la maggior parte dei miei progetti ho usato le loro calci naturali, ma soprattutto ho trovato un diretto sostegno nelle loro competenze e culture stratificate, complementari alle mie, in un processo interpretativo continuo, alla ricerca delle soluzioni ritenute più appropriate rispetto alle svariate problematiche del cantiere di restauro.
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